8 donne tarantine che hanno fatto la storia, tra mito e realtà

Ho pensato che il modo migliore per celebrare la Giornata internazionale della Donna, sia ricordare alcune delle figure tarantine più celebri. 

Il rischio, quando si parla della Donna (e non a caso uso la ‘d’ maiuscola) è quello di scivolare sulla banale buccia di banana, di sciorinare ovvietà e frasi talmente impattanti da far venire l’orticaria.

Penso, tuttavia, che libertà, dignità e uguaglianza siano le parole che – soprattutto oggi, ma non solo – ognuno di noi dovrebbe portare con sé con la stessa forza e lo stesso orgoglio che ci hanno accompagnate nella difficile conquista dei nostri diritti. E penso che non ci sia modo migliore per celebrare questa giornata se non citando la storia di alcune donne tarantine, simbolo di arte, cultura e di straordinaria bellezza.

Plottide

Era una tessitrice di lane Plottide, talmente bella da rubare il cuore a Leonida da Taranto. Il poeta l’ha immortalata in alcuni dei suoi versi:

“…E così Plottide bella,
che bellamente tesseva,
ottantenne sull’onda
della cheronte varcò.”

Le lane tarantine erano molto rinomate nell’antichità come raccontano Marziale, Strabone, Plinio e Virgilio e da esse si ottenevano stoffe soffici e leggere, come la tarantinìdion, usata per le vesti delle donne più ricche e delle danzatrici.

Lisea

lisea

Tanto bella e virtuosa era anche Lisea, vergine consacrata alla dea Minerva Poliade che nel 209 a.C., quando Quinto Fabio Massimo espugnò Taranto, venne trasportata a Roma come schiava insieme a  trentamila cittadini tra tarantini e cartaginesi.

“E bella fra tutte era Lisea,
che a schivar l’onta del disonore si f’è guida alle compagne,
precipitandosi tutte dall’alto del tempio.”

Marangella

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Una leggenda massafrese, che si fa risalire più o meno all’anno Mille, racconta del mago Greguro e della sua bellissima figlia Margherita o Marangella, una fanciulla dai capelli biondi, dagli occhi profondi e dal viso gentile. Greguro era un dotto botanico greco il quale dalle erbe, dalle radici e da alcuni rettili ricavava dei segreti farmaci onde guariva e alleviava i sofferenti.

Nel suo vagare notturno, Marangella andava alla ricerca delle piante medicinali. Fino a quando, un giorno, uno zelante catalano, istigato dalle solite comari invidiose, la incolpò di stregoneria accusandola di aver fatto un patto con il diavolo proprio perché riusciva a distinguere le erbe al buio. Fu condannata al rogo, ma venne salvata all’ultimo momento dall’intervento del capo religioso e civile della comunità.

Caterina

Si dice che Caterina, figlia di Renzo delli Falconi, avesse solamente diciotto anni quando fu decapitata e gettata dalla torre rotonda del castello di Pulsano. Il misfatto avvenne con il consenso del marito, Umberto, il quale per la sua complicità ricevette una piccola proprietà nelle terre di Ugento.

Gli abitanti del luogo sostengono che nelle notti di luna piena può ancora oggi capitare di scorgere una figura, vestita di bianco e con i capelli tanto biondi da sembrare di oro, che si aggira per gli spalti del castello. La fantasia popolare la chiama la donna a mezzobusto.

Maria D’Enghien

Fu contessa di Lecce e principessa di Taranto. Maria D’Enghien si aggirava per le strade della città scortata dai famosi cavalieri leccesi e di lei ci ha lasciato una splendida immagine tassiana il Ferrari, il quale la descriveva armata di una pansiera d’argento, tutta ornata di gioie con un elmo del medesimo metallo sopra un gran corsiere… seguita da duecento cavalieri.

Grazia

Il 9 gennaio del 1900, in via D’Aquino, nel palazzo d’Ayala, venne inaugurata una sartoria gestita da Grazia Carnevale, già tagliatrice in un noto magazzino di moda parigino.

Anna Fougez

L’8 luglio del 1894, nasceva a Taranto Maria Annita Pappacena, il cui nome d’arte fu Anna Fougez, vedette internazionale del cafè chantant. Bella e fatale, elegante e ricercata, di lei si ricordano i lunghi bocchini, un profumo e un memoriale, scritto nel 1931 e intitolato “Il mondo parla e io passo.”

Fu artista eclettica e si mosse dal repertorio drammatico a quello più leggero; compose lei stessa delle canzoni, interpretò film, formò una compagnia tutta sua, la Grande Rivista Italiana… e si ritirò a vita privata negli anni Quaranta. Riposa nel cimitero cittadino nella tomba di famiglia dei Pappacena.

Persefone

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Figlia di Zeus e Demetra, fu rapita alla madre da Hades al quale era toccato il dominio sull’Erebo. La sua vita tutta sotterranea dava al dio un aspetto lugubre e malinconico, per cui nessuna dea e nemmeno alcuna donna mortale avrebbe mai acconsentito a sposarlo. Hades aveva notato la bellissima Persefone e in tutta segretezza aveva ottenuto dal padre Zeus il permesso di rapirla.

E ciò fece, mentre la giovinetta era in un prato intenta a raccogliere fiori. La madre Demetra, dea dell’agricoltura, la cercò affannosamente per tutto il mondo e, non avendola trovata in alcun luogo, per vendetta rese infruttuosa la terra. Gli uomini morivano di fame. Allora Zeus, per salvare il genere umano e per placare la dea, dispose che Persefone vivesse due terzi dell’anno con la madre sulla terra e un terzo presso il marito nell’Erebo.

Persefone finì così per assumere una duplice funzione: quella di divinità degli Inferi e quella di divinità agraria, indicata anche con il nome di Kore, simbolo della natura.

A Taranto fu venerata come Persefone Gaia.

Fonte: archivi del Comune di Taranto

Photo credits: lagazzettadigitale.it (img di copertina)

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